Per la prima volta nei miei primi 30 anni di vita ho disertato un sacro festeggiamento familiare, per restare a Roma a vivere qualcosa che adesso era quello che volevo fare di più.
Come cambiano le cose. E come disse una volta un’amica, gli aeroporti nella mia vita hanno sempre un grande significato: avevo un volo in partenza alle 12 di giovedì, diretto a Santiago di Compostela dove sarei stata per tutta la settimana facendo il cammino in solitaria, stando con me stessa e staccando dal mondo circostante.
E invece no. Stavolta no, stavolta non volevo staccare dalla mia routine ma buttarmici dentro alla scoperta di qualcosa di nuovo, inaspettato e al momento bellissimo.
Stavolta la ricerca di me stessa, l’ascolto da dentro di quello che sono e voglio, non volevo farla lontano, con uno zaino in spalla e dimenticandomi della routine, stavolta lo zaino è rimasto nell’armadio e il volo è partito senza di me, perché c’era un’altra avventura altrettanto sorprendente e piena di colpi di scena che ho sentito la necessità impellente e forte di vivere.
Mi sento recettiva, aperta, in ascolto, strano tanto per me che non ci credevo più così tanto.
Voglio sentire tutto, vedere tutto, provare tutto, mangiare tutto, bere tutto, vivere tutto.
Al 100%, senza lasciare andare neanche un secondo, vivendo ogni cosa con pienezza, centrata, respirando e vivendone il piacere in ogni secondo.
È tutto così veloce, così semplice e così naturale. Eppure così lento, così sospeso e misterioso, dai minuti scanditi dall’entusiasmo e dall’attenzione, che mi sento attenta e sospesa dentro a una bolla anche io come in un parco giochi dei sentimenti.